domenica 28 febbraio 2010

Il Castello di Mesocco

Testo tratto da "Castelli del Ticino e del Grigioni italiano"
di Werner Meyer,Edizioni Silva, Zurigo, 1982



Il solco profondo che costituisce la Valle Mesolcina è suddiviso in diverse zone le quali, pur differenziandosi per il paesaggio, il clima e la densità della popolazione, forma un'unità omogenea dal punto di vista storico. Le rocche medievali sono concentrate nella parte inferiore della valle, nei dintorni di Roveredo; il complesso più significativo sul piano storico si erge invece presso Mesocco a nord della vallata. Le rovine del Castello di Mesocco sorgono sulla sommità di un'imponente altura rocciosa che s'innalza scoscesa dal fondovalle, costringendo la Moesa a compiere una larga ansa in una angusta gola impraticabile, che solo ad occidente lascia libero uno stretto passaggio. In questo punto passava l'antica strada che collegava il valico del S.Bernardino a Bellinzona e alla Lombardia. Purtroppo la costruzione della nuova autostrada incuneata nella strettoia di Mesocco ha compromesso irrimediabilmente il fascino selvaggio del paesaggio. L'unico vantaggio conseguito è che, prima della costruzione dell'arteria, si è avuta la possibilità di effettuare scavi archeologici ai piedi della collina, nella parte occidentale. Nel corso degli scavi sono state portate alla luce le rovine di un vasto abitato preistorico e soprattutto i resti di una fortificazione ben agguerrita. A quanto pare anche nell'epoca che precedette la conquista romana si erano intraviste le possibilità di difesa offerte dalla posizione favorevole della zona presso Mesocco e si era provveduto a sfruttarle con la costruzione di una potente piazzaforte. Alcuni reperti archeologici risalenti all'epoca preistorica, rinvenuti sulla sommità dell'altura del castello, dimostrano che sul terreno occupato più tardi dalla rocca medievale si ergeva fin da tempi remoti un abitato preistorico, munito con tutta probabilità di opere difensive.


Il Castello di Mesocco è protetto su tre lati da ripidi pareti rocciose. Solo a nord-est, dal lato della valle rivolto a monte, il pendio scende più dolcemente. Proprio in questo punto è stato possibile costruire la strada di accesso proteggendola con opere difensive più agguerrite. Se si sale al castello dalla parte nord percorrendo l'antica strada d'accesso si arriva dapprima alla chiesa di S.Maria del Castello e ci si trova già sul terreno del castello, un tempo circondato da un muro fortificato. Allo scadere del XV secolo, nel corso cioè delle ultime opere di potenziamento della rocca, anche la collina più bassa a nord-est del castello con la chiesa di S. Maria venne inserita nel complesso fortificato con la costruzione di un imponente muro di cinta.


Gli sviluppi registrati dall'artiglieria di assedio nel XV secolo resero necessaria la costruzione di opere di difesa sulla collina adiacente, lontana appena 100 metri, dalla quale si potevano colpire a colpi di mortaio gli eventuali assalitori della rocca. Attualmente rimangono ancora pochi ruderi di queste opere fortificate esterne. Dalla chiesa di S.Maria del Castello la vecchia strada sale fino alla rocca principale che occupa tutta la spianata del colle roccioso.


Le impressionanti rovine sono formate principalmente dai ruderi delle opere di difesa erette negli ultimi decenni del XV secolo, ossia nell'ultimo periodo di vita del castello. Tra queste si riconoscono pure numerosi ruderi risalenti ad epoche precedenti cosicché dall'aspetto attuale del castello traspare tutta la sua movimentata storia che ha le sue radici nel primo Medioevo. La rocca principale è serrata da un poderoso muro di cinta che si snoda in modo irregolare. Diverse torri di varia fattura permettevano di tenere lateralmente sotto il tiro delle armi da fuoco il muro di cinta. Nel loro aspetto attuale queste torri sono state erette allo scadere del XV secolo al pari di considerevoli parti dello stesso muro di cinta. All'interno del muro si trovano di tanto in tanto degli angusti locali a volta, dotati di feritoie, per armi di piccolo calibro. Particolarmente ben conservato è il portone del castello nella parte di sud­ovest del muro di cinta. Un ponte levatoio, sostituito attualmente da una costruzione fissa, conduceva a un torrione d'entrata munito di feritoie superando il fossato scavato nella roccia. All'interno della torre l'accesso girava ad angolo retto a sinistra e, prima di raggiungere il cortile interno, si doveva valicare un secondo portone. In passato il muro di cinta e le torri che lo affiancavano terminavano con una corona aggettante di merli sostenuta da mensole dei quali sono rimasti alcuni ruderi.


All'interno il cortile di forma irregolare balza agli occhi per la sua vastità. Nel Medioevo tuttavia gran parte della superficie attualmente libera era occupata da costruzioni come viene attestato da numerosi resti di fondamenta. In base ad alcuni documenti del XV secolo si è potuto identificare una parte di queste costruzioni. A sinistra del portone si trovava un'officina di fabbro mentre l'ala allungata che s'impiantava sul lato orientale del muro di cinta, a destra dell'entrata, ospitava probabilmente la scuderia. Una costruzione quadrata, di cui attualmente si notano solo alcune tracce delle fondamenta si trovava nel settore di sud-ovest del cortile ed era adibita con tutta probabilità a bagno. Il complesso degli edifici che confinava a nord-est col muro di cinta ospitava un caseificio, una fonderia e altre officine. Una cisterna scavata nella roccia si è conservata pressoché intatta fino ai nostri giorni. Lungo il tratto di mura di nord-ovest si trovavano altri opifici. In prossimità della chiesa di S.Carpoforo si ergeva una costruzione a più piani dove probabilmente risiedeva il canonico del castello. Al pianoterra si trovava un panificio come viene testimoniato dai resti di un grande forno. La summenzionata chiesa di S.Carpoforo si trovava al centro di un terreno consacrato di estensione sconosciuta posto all'interno del castello, del quale faceva parte anche un cimitero con alcune pietre tombali. La chiesa con la sua abside rotonda all'interno e rettangolare all'esterno e il campanile isolato di forma slanciata risalgono all'XI secolo.


Gli affreschi, di cui oggi rimane solo qualche traccia di colore, mentre alcuni decenni fa erano ancora ben visibili, risalgono, sembra, al XV secolo. Le rovine attuali della chiesa poggiano sulle fondamenta di un'altra cappella del primo Medioevo, costruita nel VI o nel VII secolo della quale nel corso di opere di scavo sono state portate alla luce alcune tracce di fondamenta. All'interno della vasta superficie occupata dai diversi edifici si trovava un muro quadrato che racchiudeva la rocca centrale, formata da diverse costruzioni. La parte più antica era rappresentata da un'imponente torre costruita con pietre squadrate e disposte accuratamente a strati. All'inizio dello scorso secolo la torre era ancora in piedi ed è crollata più tardi. Attualmente resta ancora uno spuntone di muro. L'accesso sopraelevato che si nota ancora nella parte inferiore della torre era raggiungibile con una scala esterna di pietra. Dal mastio si dipartiva un muro di cinta di forma quadrata. Sul lato nord si trovava una porta che immetteva in un cortile interno lastricato dove si trovava una cisterna. All'interno della rocca centrale si ergono le rovine dell'ala destinata alle abitazioni, formata da più edifici costruiti in diverse fasi. I più antichi, risalenti al XIII e al XIV secolo, si trovano nella parte rivolta a sud-ovest. Oltre ai locali abitati si notano ancora le canne fumane, una cucina col focolare, un forno attiguo ad una dispensa e inoltre un gabinetto con due nicchie per sedersi e i resti di una scala esterna. Un grande edificio, come si può vedere anche dalle rovine attuali, è stato costruito verso il 1400 nella parte di nord-ovest del castello centrale. Il palazzo aveva tre piani con ampie sale e camini e le pareti ornate di affreschi. Alcuni resti delle pitture si possono ammirare al pianterreno e risalgono agli inizi del XV secolo.


Le rovine del Castello di Mesocco sono state riportate alla luce e restaurate nel 1925/26. Purtroppo in quell'occasione non è stata attuata un'accurata analisi archeologica e pertanto rimangono numerose incertezze sullo sviluppo architettonico del castello. La sua storia si può riassumere a grandi tratti come segue: sul luogo di un nucleo abitato preistorico, protetto da difese naturali, venne eretto nel primo Medioevo o al più tardi nel VII secolo un castello­chiesa con un terreno consacrato, dove si trovava la chiesa di S.Carpoforo e un cimitero, e con una parte fortificata, racchiusa da un muro, dove, in caso di guerra, trovava rifugio la popolazione. Allo scadere del millennio il complesso divenne un vero e proprio castello abitato permanentemente da una famiglia nobile sconosciuta. Nell'XI secolo la chiesetta di S.Carpoforo venne sostituita da un altro edificio sacro con campanile isolato. Nel XII secolo venne costruito l'imponente mastio che conferì al castello un aspetto maestoso. Durante il XIII e il XIV secolo il castello fu al centro di un'intensa attività edilizia. Ancora nel XIII secolo venne costruito un muro di cinta più possente sormontato da merli e all'interno del castello, nella rocca, si costruì il primo palazzo.


La costruzione di altri edifici con le diverse officine limitò sempre più la superficie del cortile destinata ad ospitare la popolazione in fuga finché l'intero castello rimase esclusiva dimora dei signori mentre la popolazione venne accolta solo in casi eccezionali. Si ha notizia che verso il 1400 furono attuate notevoli opere di ampliamento. In quell'epoca venne costruito il grande palazzo nell'angolo di nord-ovest della rocca e la cerchia di mura esterna venne rafforzata con torri affiancate e merli a coda di rondine. Le ultime opere di una certa entità vennero attuate alla fine del XV secolo e caratterizzano l'aspetto attuale del castello. Dopo il 1480 vennero innalzate le mura di cinta con torri per i pezzi di artiglieria. Con la costruzione di un altro muro si racchiuse il terreno a nord-est del pianoro. Le nuove opere edilizie vennero adattate alle innovazioni subentrate nel campo dell'artiglieria. Verso il 1500 inoltre il Castello di Mesocco era difeso da un considerevole equipaggiamento militare costituito da mortai, altre bocche da fuoco di media e breve gettata, un cospicuo numero di armi da fuoco e quattro bombarde, ossia pezzi di artiglieria di grosso calibro impiegati nelle operazioni di assedio. Nel XV secolo la rocca di Mesocco era pressoché inespugnabile e, stando alle parole di un esperto militare milanese, il castello poteva essere conquistato solo "con la fame e il tradimento".


Le attuali rovine si impongono agli occhi del visitatore soprattutto per le imponenti opere di difesa. Non bisogna comunque dimenticare che il castello, oltre che ad essere una agguerrita piazzaforte, era pure un centro feudale e amministrativo dove risiedevano i signori della Mesolcina. La storia non nomina il primo proprietario del castello. A partire dal XII secolo e forse anche prima, la rocca apparteneva ai baroni Sacco, imparentati con gli Udalrichinger, i vecchi conti della Rezia superiore, e probabilmente anche con i Torre, signori della Valle di Blenio. L'ascesa al potere dei signori Sacco fu favorita forse da Federico Barbarossa per il quale si erano schierati nella seconda metà del XII secolo. Nel corso del XIII secolo i Sacco riuscirono a porre sotto la loro signoria l'intera valle. I signori locali vennero via via allontanati o assoggettati e il Castello di Mesocco assurse a centro residenziale dei Sacco nella Mesolcina. Altri rami collaterali dei Sacco si stabilirono fino al 1500 circa in altre rocche della valle: a Norantola, nella Torre Fiorenzana a Grono, a S.Maria di Calanca e nel castello sopra S. Vittore. Col pretesto di proteggere la nuova colonia vallesana nel Rheinwald i Sacco attaccarono nel XIII secolo le terre oltre il S.Bemardino conquistando nuove regioni e restando coinvolti nelle faide che dilaniavano le famiglie nobili della Rezia. Ulrico II fondò nella Valle del Reno presso S.Gallo la dinastia degli Hohen­sax e verso il 1380 i signori Sacco della Mesolcina entrarono in possesso dell'eredità dei baroni di Belmont che avevano i loro possedimenti nella Rezia superiore tra Flims e Ilanz.


Con Alberto Sacco la famiglia raggiunse tra il XIV e il XV secolo il suo apogeo. Approfittando dei disordini che sconvolgevano il ducato di Milano, Alberto si impadronì dei territori di Bellinzona, del Blenio e di Monte Dongo ma non riuscì a conservare a lungo queste nuove conquiste. Un decreto imperiale concesse in quell'epoca alla famiglia Sacco il titolo di conte. Con la morte di Alberto, avvenuta in circostanze misteriose nel 1406 a quanto pare in seguito ad un attentato, le sorti della casa Sacco incominciarono a declinare. La Mesolcina venne a trovarsi sempre più al centro delle tensioni tra il ducato di Milano, le città della Confederazione e della Lega Grigia. Nel XV secolo il Castello di Mesocco ospitava ancora una corte principesca anche se il potere dei conti Sacco veniva sempre più minacciato dalle pressioni esterne, soprattutto dai Confederati, da Milano e dal crescente malumore della popolazione valligiana sobillata dagli esponenti della Lega Grigia. Nel 1458 i conti Sacco stipularono un patto col convento di Disentis col quale si impegnavano a lasciare libero accesso al Castello di Mesocco agli esponenti del convento e di conseguenza anche a quelli della Lega Grigia.


Per evitare il crollo del loro feudo nella seconda metà del XV secolo i conti Sacco si allearono a Milano. Tale unione acuì maggiormente il malcontento dei sudditi per cui nella guerra di Giornico del 1479 il conte Giovanni Pietro passò dalla parte dei Confederati e dei Grigionesi. Un colpo di mano intrapreso dalle truppe di Milano al fine di occupare per motivi precauzionali il Castello di Mesocco venne sventato dalla Lega Grigia che insediò una guarnigione nella rocca. Il conte Giovanni Pietro, vedendo che i suoi domini erano diventati il pomo della discordia tra Milano, i Grigionesi e i Confederati, si decise a vendere le sue proprietà. Per non provocare la reazione dei Confederati, Milano si ritirò dall'affare e contemporaneamente incaricò il condottiero Gian Giacomo Trivulzio di interessarsi all'acquisto. Questi riuscì col trattato del 1480 ad accaparrarsi il dominio della Mesolcina compreso il Castello di Mesocco. La vendita scatenò nella valle gravi agitazioni che si protrassero per molti anni. Gli abitanti rifiutarono di sottomettersi al nuovo signore e fra il conte Pietro Sacco e la famiglia Trivulzio scoppiò una lunga controversia per la corresponsione della somma pattuita per l'acquisto, alla quale erano interessati anche i rami collaterali della famiglia Sacco, che pretendevano un indennizzo. Un arbitrato confederato giunse nel 1481 a una composizione della vertenza. Il malcontento della popolazione si placò solo nel 1483 dopo che Trivulzio promise di rispettare i diritti dei sudditi e di lasciar aperto il castello ai Grigionesi.


L'instabilità nei rapporti di forze, la vicinanza delle forze grigionesi sempre pronte a un confronto armato e il raffreddamento dei rapporti tra Trivulzio e il duca di Milano costrinsero il nuovo signore della Mesolcina a trasformare il Castello di Mesocco in una fortezza inespugnabile. Tra il 1480 e il 1490 gli ingegneri italiani eressero quella cerchia di mura poderose e quelle possenti torri di difesa che ancor oggi suscitano la nostra meraviglia. Al fine di evitare le difficoltà in campo politico, nel 1496 Trivulzio entrò a far parte della Lega Grigia e si dichiarò disposto a rifornire i suoi due castelli di Mesocco e di Roveredo di armi, truppe e vettovaglie e di lasciarli aperti ai Grigionesi in caso di guerra. Nella guerra di Svevia del 1499 e nelle successive campagne militari le forze della Lega Grigia impiegarono spesso i pezzi di artiglieria del Castello di Mesocco.


La fine del superbo castello fu del tutto ingloriosa. Nel 1526 le Tre Leghe decisero di radere al suolo il Castello di Mesocco dopo le spiacevoli esperienze fatte col signore di Musso e il suo castello sul Lago di Como. La decisione venne portata a termine malgrado le esitazioni dei Confederati. Da allora il castello è una rovina. L'amministrazione del territorio venne trasferita nel palazzo Trivulzio a Roveredo. Nel 1549 gli abitanti della Mesolcina ottennero la loro indipendenza dai Trivulzio e nel 1551 entrarono a far parte della Lega Grigia.


1 Accesso principale 2 Mura con torri per bocche da fuoco
3
Rocca centrale 4 Chiesa di S. Carpoforo 5 Edifici attinenti




x SITO FONDAZIONE DEL CASTELLO DI MESOCCO
x ALBUM FOTO CASTELLO DI MESOCCO

2 commenti:

Silvi Hamman ha detto...

Sono stata a Mesocco anni fa per un goa party, bellissimo il castello e bella valle siamo andati anche a San Bernardino! Ciao bel blog

eLtRiVuLziO ha detto...

Ma si puo.. rispondo al commento con un discreto ritardo :/

Ciao Silvi un saluto e grazie :)